Junko Tabei: la prima donna a scalare l'Everest

Una leggenda

Icona nella storia dell’alpinismo mondiale. Talento da fuoriclasse ma non solo per essere stata la prima donna ad aver messo piede sul Tetto del Mondo: è stata una paladina dell’ambiente e una femminista convinta.
Junko Tabei la prima donna al mondo a scalare l'Everest

Chi è Junko in breve

Junko Tabei è una leggenda mondiale: ha superato sé stessa in ogni sfida che ha affrontato, conquistando sempre nuovi traguardi.
Junko Tabei è diventata famosa per essere stata l’alpinista giapponese e prima donna a scalare l’Everest, nel maggio del 1975.
Ma le sue imprese eroiche iniziamo molto prima, quando deve combattere in un ambiente maschilista e misogino che vede la donna utile solo ad accudire la casa.
Dopo aver raggiunto il tetto del mondo, Tabei batté altri record, ottenendo il rispetto che, all’epoca, si concedeva solamente agli uomini!

Non c’è mai stato alcun dubbio nella mia mente riguardo al fatto di voler scalare quella montagna, non importava quello che dicevano le altre persone

Biografia in breve di una leggenda

Junko Ishibashi ( il suo cognome da nubile) nasce nel 1939 nella città di Miharu, nella provincia giapponese di Fukushima. Trascorre un’infanzia non proprio felice, a causa della sua fragilità fisica e delle ristrettezze economiche della sua famiglia, relativamente povera, condizionata dai disastri della seconda guerra mondiale, e molto numerosa: Junko infatti era la quinta figlia femmina e ha due fratelli.
 
Viene considerata una bambina debole, ma ciononostante comincia ad appassionarsi di montagna a dieci anni, durante una gita scolastica, quando salì per la prima volta sul Monte Asahi (quasi 2.300 metri di altezza) e sul Monte Chausu (circa 1.400 metri).
La famiglia non asseconda la sua passione, considerando l’alpinismo un hobby troppo costoso, così la scalatrice ha poche occasioni di esplorare le montagne.
 
Si laurea in letteratura inglese all’università privata femminile di Tokyo e durante questo periodo fa parte del club studentesco di appassionati di alpinismo.
Si dedica poi a diversi impeghi per poter finanziare la sua passione: lavora come editrice di una rivista scientifica e impartisce ripetizioni di inglese.

 

Bisogna contestualizzare il periodo in cui era nata Junko: erano anni in cui nella società, ancor di più in quella giapponese, era diffusa l’idea che la donna dovesse limitarsi ad occuparsi della casa e a crescere i figli.
Junko deve quindi fronteggiare sessimo e discriminazioni ma non si lascia mai condizionare dai pregiudizi e dalle opinioni degli altri e continua per la sua strada.
Così dagli anni ’60 in poi, passo dopo passo, completa la scalata di tutte le più alte vette del Giappone, compreso il monte Fuji. In questo periodo conosce anche il suo futuro marito, Masanobu Tabei, un alpinista, con il quale avrà due figli: una femmina, Noriko, e un maschio, Shinya e dal quale prenderà il cognome con il quale è diventata famosa.

La straordinaria alpinista è morta il 20 ottobre del 2016 a 77 anni, a causa di un tumore allo stomaco.

La maggior parte degli uomini giapponesi della mia generazione si aspettano che la donna stia a casa e faccia le pulizie

Il club alpino tutto al femminile

Considerando che l’ambiente dei club di alpinismo era maschilista e misogino, e una donna arrampicatrice era vista con scetticismo, l’alpinista giapponese nel 1969 fonda il “Ladies Climbing Club” (LCC), un club alpino tutto al femminile, il cui slogan era: Andiamo a fare una spedizione all’estero, da sole”. Tra il 1969 e il 1970 conquista le sommità più alte del Giappone e molte di quelle delle Alpi. Ora il suo sguardo si posa sull’Himalaya. Insieme alle alpiniste dell’LCC scala montagne in oltre 70 Paesi del mondo e nel 1970 diventa la prima donna a mettere piede sull’apice dell’Annapurna III (7.555 metri). Mentre nel 1974 diventa la prima donna a scalare il Manaslu.

A questo punto l’alpinista inizia a pianificare quella che diventerà l’impresa più importante della sua vita.

La sua scalata più importante

Junko Tabei arrivata sulla cima dell'Everest
Nel 1970 con l’LCC diede il via al progetto “donne giapponesi per la spedizione sull’Everest” e, dopo una serie di difficoltà burocratiche, riuscì ad avere il consenso a guidare un gruppo di quindici donne sul Tetto del Mondo. L’alpinista, che all’epoca aveva 35 anni, lasciò il marito e la figlia di 3 anni a casa per partire con una spedizione tutta al femminile alla volta dell’Himalaya, sfidando tutti i tabù dell’epoca. Il gruppo era guidato da Eiko Hisano ed era composto da madri lavoratrici. Nel maggio del 1975, dopo di un lungo periodo di formazione durato cinque anni, le alpiniste raggiunsero Katmandu, salendo per la via normale per il Colle Sud e la cresta Sud-Est (la stessa che avevano seguito il neozelandese Edmund Hillary e il nepalese Tenzing Norgay il 29 maggio del 1953, quando raggiunsero per primi la vetta).  Le cose però si misero male quando a quota 6.300 una valanga seppellì il campo senza fare vittime. Purtroppo però Junko Tabei rimase ferita, priva di sensi per qualche minuto. Gran parte del materiale venne portato via dalla valanga ma la tenace giapponese non si diede per vinta e dodici giorni dopo la valanga, il 16 maggio, in compagnia della sua guida, Ang Tsering, raggiunse la sua più grande vittoria: la vetta della montagna più alta della Terra. 

Più di vent’anni dopo, Tabei divenne la prima donna a raggiungere la vetta del monte Everest!
Junko Tabei, 35 anni, abbraccia sua figlia dopo avere scalato l'Everest ed essere tornata in Giappone (Kyodo)
Junko Tabei, 35 anni, abbraccia sua figlia dopo avere scalato l'Everest ed essere tornata in Giappone (Kyodo)

I successi seguenti

Nel 1981 la giapponese fu la prima donna a raggiungere la sommità dello Shisha Pangma.
 
Nel 1992 diventa la prima donna ad aver scalato le “Seven Summits” le sette cime più alte al mondo, una per ciascun continente:
dopo l’Everest, infatti, raggiunse la cima del Kilimangiaro in Tanzania (1980), dell’Aconcagua nelle Ande Argentine (1987), del McKinley (oggi conosciuto come Denali) in Alaska (1988), dell’Elbrus in Russia (nel 1989), del Vinson in Antartide (1991) e del Puncak Jaya in Indonesia (1992).
 
Nel 1996 salì in cima al Cho Oyu. 
Junko Tabei insieme a Reinhold Messner a Katmandu, Nepal, il 27 maggio 2003 (AP Photo/Binod Joshi)
Junko Tabei insieme a Reinhold Messner a Katmandu, Nepal, il 27 maggio 2003 (AP Photo/Binod Joshi)

La sua mission per l'ambiente

Oltre alla carriera alpinistica, a partire dagli anni 2000, cominciò a occuparsi di temi ambientalisti. Si laureò all’Università Kyushu di Fukuoka, in Giappone, dove studiò il degrado del terreno montano causato dai rifiuti abbandonati dagli alpinisti, in particolare sull’Everest (quello dei rifiuti sull’Everest è un tema che è diventato molto dibattuto negli ultimi anni).
 
Direttrice dell’Himalayan Trust of Japan, un’organizzazione internazionale attiva per la salvaguardia degli ambienti in quota, realizzò un progetto per la costruzione di un inceneritore per eliminare i rifiuti lasciati dagli scalatori.
Partecipò a diverse attività di bonifica dei rifiuti nelle montagne del Giappone e dell’Himalaya.
Negli anni successivi Junko Tabei si dedicherà anche alla divulgazione, scrivendo molti libri.
Fino a 73 anni Tabei raggiunse ogni estate la vetta del Monte Fuji, 3776 metri, accompagnando classi del liceo e altri studenti della sua città natale, gravemente colpita dal terremoto e dallo tsunami del 2011. 

La tecnica e l’abilità da sole non ti portano in cima; è la forza di volontà la cosa più importante. Questa forza di volontà non la puoi comprare con i soldi e non ti viene data da altri ma nasce dal tuo cuore

Doodle in suo ricordo

Il 22 settembre del 2019 Junko Tabei è stata ricordata nel doodle di Google, poiché in quel giorno avrebbe compiuto 80 anni.
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